Anche il traguardo della “copertura sanitaria universale” si allontana per colpa dei cambiamenti climatici. oltre a modificare l’impatto di alcune malattie, obbliga intere comunità a trasferirsi, aumenta la povertà, danneggia le strutture sanitarie.
Il mondo non è fatto a compartimenti stagni. Clima e salute globale sono legati a filo doppio. Se non si interviene per contenere i danni del cambiamento climatico sarà molto più difficile raggiungere il traguardo della copertura sanitaria universale nei tempi previsti dalle Nazioni Unite, ovvero entro il 2030. Nell’agenda dei governi le due grandi sfide del momento, entrambi inderogabili, devono stare sulla stessa pagina. Bisogna adottare un unico piano strategico concentrato sui due fronti contemporaneamente: mitigare gli effetti del cambiamento climatico e favorire l’accesso alle cure. È l’avvertimento a firma di due esperti dell’Harvard Global Health Institute lanciato dalle pagine del British Medical Journal. Un’analisi che è una sorta di instant book sul tema più in voga in questi giorni. Renee Salas e Ashish Jha procedono in maniera schematica, dividendo il testo sostanzialmente in due parti: nella prima descrivono nel dettaglio in che modo il cambiamento climatico sta minacciando la salute della popolazione mondiale allontanando l’obiettivo della “universal health coverage”, nella seconda propongono una serie di interventi per rientrare sui binari che portano alla destinazione fissata per il 2030.
COSÌ IL CLIMA COMPROMETTE LA COPERTURA SANITARIA UNIVERSALE
L’accesso ai servizi sanitari essenziali con una qualità dell’assistenza garantita a tutti indipendentemente dal reddito. È il principio enunciato al capitolo 3.8 della lista degli obiettivi di sviluppo sostenibile e lo si può riassumere con una sola definizione: “copertura sanitaria universale”. Per ora sono solamente 22 i Paesi nel mondo ad aver raggiunto una elevata copertura sanitaria, secondo i criteri di valutazione dell’Oms e della Banca Mondiale.
L’obiettivo della copertura sanitaria universale, scrivono gli autori dell’analisi, era già di per sé ambizioso. Non ci voleva proprio il clima a mettere i bastoni tra le ruote.
Secondo i due ricercatori il cambiamento climatico sta remando contro gli sforzi dei governi in cinque modi: modifica l’impatto di alcune malattie, obbliga intere comunità a trasferirsi, aumenta la povertà, danneggia le strutture sanitarie, rende difficile il lavoro al personale sanitario.
CAMBIA IL CLIMA, CAMBIANO LE MALATTIE (IL TIPO E L’IMPATTO)
Le tre malattie non trasmissibili che provocano attualmente il maggior numero di morti nel mondo diventeranno ancora più pericolose a causa del cambiamento climatico: malattie cardiovascolari, malattie respiratorie croniche e diabete sono infatti legate al clima. L’associazione non è ipotetica, ma concreta e descritta dai numeri. Ad un aumento della temperatura di 1°C corrisponde un aumento del 3,4 per cento di mortalità per cause cardiovascolari, del 3,6 per cento per patologie respiratorie e del 4 per cento per malattie cerebrovascolari. Il fenomeno è frutto di un circolo vizioso: l’inquinamento da polveri sottili aumenta il rischio di eventi cardiovascolari e contemporaneamente è responsabile del riscaldamento globale che a sua volta rende gli effetti dell’inquinamento sul cuore ancora più pericolosi. Così, le elevate temperature aumentano del 6 per cento i ricoveri ospedalieri per malattia coronarica.
Non finisce qui: per ogni grado centigrado in più l’incidenza del diabete aumenta dello 0,314 per cento ogni mille persone. È stato dimostrato, inoltre, che le malattie renali croniche di origine sconosciuta sono in aumento nelle regioni più colpite dal riscaldamento globale.
Passando poi alle malattie infettive il quadro non cambia.
La capacità di trasmissione della malaria è aumentata del 20 per cento nelle zone più alte dell’Africa dal 1950 a oggi e secondo l’Oms la mortalità per malaria dovuta al cambiamento climatico crescerà nelle regioni centrali del continente. Anche i vettori che trasmettono la dengue sono diventati più aggressivi a causa dell’aumento delle temperature.
Malattie infettive come la malattia “mani, bocca, piedi” diventeranno più frequenti dato che ad ogni aumento di 1°C corrisponde un aumento dell’incidenza dallo 0,8 al 2 per cento.
È chiaro che se aumentano le malattie in seguito al cambiamento climatico aumentano anche i costi dell’assistenza sanitaria rendendo l’obiettivo della copertura universale più difficile da raggiungere.
CAMBIA IL CLIMA, AUMENTANO GLI SFOLLATI
Si prevede che entro il 2050 ci saranno 143milioni di sfollati concentrati in tre aree del mondo: America latina, Africa Sub-sahariana e Asia meridionale. E il cambiamento climatico ne sarà responsabile in larga misura. La sfida in quelle regioni è già difficile, ma pensare di poter raggiungere la copertura sanitaria universale nelle popolazioni in spostamento è quasi un’utopia.
Nella nazione africana del Ciad, ad esempio, si sta assistendo a un aumento delle migrazioni a causa della siccità che sta mettendo seriamente in difficoltà il personale sanitario.
CAMBIA IL CLIMA, AUMENTA LA POVERTÀ
Secondo le stime della Banca Mondiale il clima produrrà 100 milioni di nuovi poveri entro il 2030. E ancora una volta il circolo vizioso si ripete: le popolazioni più povere sono quelle più esposte alle minacce dei cambiamenti climatici che a loro volta aggravano i problemi sociali ed economici già esistenti intrappolando le persone in un vicolo cieco da cui è difficile uscire. L’aumento della povertà va a braccetto con l’aumento di alcune malattie e di conseguenza con l’aumento dei costi sanitari e, di nuovo, allontana la possibilità di raggiungere il traguardo della copertura sanitaria universale.
CAMBIA IL CLIMA, LE STRUTTURE SANITARIE VENGONO MESSE FUORI USO
Poi ci sono i danni alle strutture. Uragani, inondazioni e altri eventi estremi legati al cambiamento climatico distruggono le case, ma anche gli ospedali e i centri di cura. E se non arrivano a tanto rendono comunque molto complicato il rifornimento dei medicinali e dei dispositivi medici. Anche in questo caso la copertura sanitaria universale viene necessariamente accantonata e gli obiettivi si ridimensionano. Limitare il più possibile i danni è già qualcosa. È accaduto a Puerto Rico quando l’uragano Maria nel 2017 provocò 5mila morti e lasciò molte famiglie senza accesso alle cure.
CAMBIA IL CLIMA, GLI OPERATORI SANITARI LAVORANO PEGGIO
Come garantire cure di qualità quando gli esperti che dovrebbero fornirle sono loro stessi in difficoltà? Pensiamo a medici e infermieri costretti a lavorare in condizioni climatiche sfavorevoli, con elevate temperature in strutture prive aria condizionata. Pensiamo anche agli operatori sanitari che non riescono a raggiungere il luogo di lavoro perché le strade sono allagate o interrotte da frane in seguito a un evento climatico estremo. Mancano le premesse di base per assicurare cure di qualità a tutti.
I PAESI PIÙ A RISCHIO
I Paesi più esposti ai cambiamenti climatici sono spesso quelli più lontani dal traguardo della copertura sanitaria universale. Non c’è da sorprendersi, dicono gli autori dell’analisi, perché tanto le risposte ai cambiamenti del clima che l’accesso alle cure dipendono in larga misura dalle condizioni economiche e dalle risorse umane e tecnologiche a disposizione.
Un esempio per tutti: il Bangladesh, un Paese povero con una elevata densità di popolazione particolarmente esposto al rischio di inondazioni dovute all’aumento del livello del mare, di cicloni e di siccità. Nel 2017 lo straripamento del fiume Brahmaputra ha distrutto 500 strutture sanitarie lasciando l’intera popolazione, che già normalmente poteva contare solo su 5 medici per 10mila persone, senza possibilità di assistenza sanitaria.
LA SOLUZIONE: INTEGRARE GLI OBIETTIVI
«I paesi hanno già adottato importanti misure per affrontare i cambiamenti climatici con l’accordo di Parigi, che è stato definito dall’OMS “il più forte accordo per la salute di questo secolo” dove vengono delineati i benefici della mitigazione del clima per la salute e lo sviluppo. I leader globali ora possono e devono integrare le minacce del clima nei loro programmi per ottenere la copertura sanitaria universale», scrivono Renee Salas e Ashish Jha.
PROGRAMMI INTEGRATI E MAGGIORI CONOSCENZE
I ricercatori invitano i leader politici a comprendere meglio come cambia la richiesta di assistenza sanitaria in base ai cambiamenti del clima, a riunire gli esperti in tutti i settori (come nell’approccio One Health) per sviluppare un’agenda capace di affrontare insieme le sfide del clima e della salute, e infine ad adottare sistemi di valutazione condivisi per monitorare i progressi degli obiettivi di sviluppo sostenibile, sia per il clima che per la salute.
NUOVI MODELLI FINANZIARI
«Abbiamo bisogno di soluzioni finanziarie lungimiranti per stimolare l’azione insieme alla volontà politica», scrivono i ricercatori. La loro proposta è, tra le altre quella di finanziare il programma di copertura sanitaria universale con le tasse sui combustibili fossili.
MITIGAZIONE DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO
La proposta è concreta: puntare sulle energie rinnovabili anche nelle strutture sanitarie che contribuiscono in modo considerevole alle emissioni di carbonio. E contemporaneamente disinvestire sui combustibili fossili in numerosi settori, in particolare nell’assistenza sanitaria.
«Una rapida transizione alle energie rinnovabili, è sia fattibile che economica, ed avrebbe benefici sulla salute diretti, oltre a minimizzare gli oneri sanitari del futuro», scrivono i due esperti.
ADATTAMENTO AI CAMBIAMENTI CLIMATICI
«Abbiamo bisogno di investimenti nella ricerca per comprendere i rischi per la salute dei cambiamenti climatici nelle popolazioni a livello locale. Occorre quindi un sostegno politico e finanziario per tradurre i risultati di questa ricerca in interventi e infrastrutture che proteggano i più vulnerabili. Un altro elemento essenziale per raggiungere la copertura sanitaria universale è lo sviluppo di una forza lavoro dinamica in grado di rispondere alle mutevoli esigenze di una regione. Gli operatori sanitari saranno in prima linea nella risposta alle catastrofi ambientali e negli sforzi di sorveglianza delle malattie. Un’istruzione adeguata sul clima locale e l’impatto sulla salute è fondamentale per migliorare la capacità di adattamento», scrivono i ricercatori.
LA RESILIENZA DELLE STRUTTURE SANITARIE
«Poiché il cambiamento climatico aggrava le minacce esistenti ed espone la popolazione a nuove vulnerabilità, le strutture sanitarie devono introdurre soluzioni lungimiranti basate sui dati per affrontare le sfide senza precedenti del futuro», avvertono i ricercatori. Tanto per cominciare bisognerebbe realizzare una mappa dei rischi locali con le probabilità di inondazioni o altri eventi climatici in base alla quale progettare interventi per mettere in sicurezza le strutture sanitarie (barriere protettive per l’acqua ecc.…). Nel frattempo vale la pena sfruttare le nuove tecnologie come la telemedicina che possono rivelarsi di aiuto quando le strutture sanitarie diventano difficili da raggiungere.
IL MOMENTO È CRUCIALE
«Ci troviamo di fronte a un bivio cruciale: intervenendo o non intervenendo sulle questioni associate dei cambiamenti climatici e della copertura sanitaria universale condizioneremo la salute delle nazioni per i decenni a venire. Le stime mostrano che abbiamo circa un decennio per ridurre le emissioni di gas a effetto serra per evitare gli effetti più catastrofici per la salute. Pertanto, le opportunità di cambiamento sono enormi e il momento di agire è adesso. Solo attraverso un’azione audace, innovativa e interdisciplinare possiamo affrontare queste sfide complesse senza precedenti e garantire un mondo più sano per le generazioni future», concludono Renee Salas e Ashish Jha.
Fonte: HealthDesk redazione 4 ottobre 2019